gruppo di donne

Valentina: cooperante in Guatemala

Valentina Fiori, cooperante in Guatemala, ci racconta il suo lavoro con Caras Alegres al fianco dei bambini e della comunità di Las Rosas

Il destino mi porta in Guatemala

Sono qui in Guatemala da tre anni e ci sono arrivata per caso. Nel gennaio del 2018 ero in Nicaragua con WeWorld-GVC come volontaria per il programma EU Aid Volunteer (l’iniziativa ora è confluita nel programma European Solidarity Corps). Sarei dovuta rimanere in Nicaragua un anno, ma dopo 6 mesi è scoppiata una grave crisi di governo, e alle manifestazioni il presidente Ortega ha risposto con una dura repressione . Dato lo stato di generale insicurezza, io e le altre due volontarie siamo state riassegnate a progetti in altri Paesi. A me è toccata la sede di Huehuetenango, nel nord del Guatemala.

Avvicinandomi alla fine dell’anno di volontariato, sentivo che il Guatemala aveva ancora molto da offrirmi, sia a livello professionale che personale. E poi avevo bisogno di un’esperienza diversa, volevo immergermi in una situazione più locale. 

Nella provincia di Quetzaltenango, un’associazione guatemalteca cercava una persona che si occupasse dello sviluppo dell’organizzazione. Per me è stata una coincidenza del destino. Mi sono candidata e oggi lavoro con Caras Alegres.

Caras Alegres è un’organizzazione locale, anche se i fondatori sono olandesi. Sin dalla nascita nel 2004, si è aperta a volontari stranieri. Ogni anno, molti di loro, soprattutto statunitensi, trascorrono uno o due mesi in Guatemala per studiare spagnolo in una scuola di lingue e fanno volontariato nel tempo libero. Tutto questo ne fa un’organizzazione locale con un’impronta internazionale.

Spesso i volontari continuano a sostenere le organizzazioni.  Nel nostro caso, gli ex volontari spesso diventano “madrine e padrini” di adolescenti della comunità, finanziando una borsa di studio. Per l’organizzazione, il volontariato è un aspetto importante non solo per le donazioni per borse di studio, ma anche per l’esempio che volontarie e volontari danno a bambini e giovani del posto.

Guatemala terra di migrazioni

In Guatemala c’è stato un conflitto armato interno durato più di 30 anni (fino agli accordi di pace del ‘96),  che ha provocato circa 200.000 morti e spinto moltissime persone a migrare dalle zone più colpite verso gli Stati Uniti o altre regioni del Paese. A questa generazione di migranti si aggiungono i migranti economici degli ultimi anni, che partono soprattutto dalla costa pacifica per cercare un lavoro in altre zone del Guatemala o negli USA.

Caras Alegres ha sede a Las Rosas, nella parte occidentale del Guatemala. Ci troviamo in una zona semi-rurale, a soli 15 minuti di strada da Quetzaltenango, che è la terza città più grande del Paese. Inoltre siamo vicini alla frontiera e la prima città messicana di grandi dimensioni dista circa due ore e mezzo. Eppure, viviamo le condizioni tipiche delle aree isolate: non ci sono opportunità di lavoro, si vive di agricoltura e ci sono pochi negozi, che vendono solo generi di prima necessità. 

coppia di bambini in ambiente rurale

Las Rosas è allo stesso tempo destinazione di migranti interni e punto di partenza o tappa intermedia del viaggio migratorio verso gli Stati Uniti. Quelle migrazioni di massa conosciute come “le carovane dei migranti del Centroamerica”, che cominciano più a sud, in Honduras o a El Salvador.
Ci troviamo spesso a lavorare con famiglie monoparentali, quasi sempre donne con bambini, perchè i loro partner hanno intrapreso il viaggio verso gli Stati Uniti e spesso abbandonano del tutto la famiglia in Guatemala.

Caras Alegres per la comunità di Las Rosas

Caras Alegres è nata 15 anni fa per offrire uno spazio pomeridiano sicuro ai bambini della zona, che altrimenti starebbero da soli a casa mentre i genitori sono tutto il giorno a lavoro. Nel rimanere da soli per tante ore, i bambini corrono il rischio di diventare vittime o membri della criminalità organizzata, perché qui le piccole bande armate,  o maras, sono diffuse e forti ed avvicinano i bambini per servirsene e arruolarli fin da piccoli. 

Gli educatori sviluppano con i bambini attività che offrono loro strumenti complementari a quelli del sistema scolastico, come sport, arte e laboratori creativi.

Gestiamo anche una mensa, aperta a bambine e bambini dai quattro ai dodici anni, per contrastare la malnutrizione,  che è elevata nelle zone rurali come questa per fattori, economici, culturali e climatici. Non si dà importanza al consumo di alimenti sani, che facciano stare bene, ed il cibo spazzatura è molto economico. Se magari un bambino si ritrova qualche moneta in tasca, quasi sicuramente comprerà patatine in busta che costano pochissimo.

Abbiamo nutrizionisti che mettono a punto menù bilanciati, e che  controllano periodicamente peso e altezza dei bambini. Le due cuoche della mensa sono donne della comunità che comprano gli ingredienti da produttori locali. In più, prepariamo e consegniamo direttamente per  alcune famiglie dei pacchi alimentari con  cadenza mensile. 

Nella mensa non solo promuoviamo un’alimentazione sana, ma lavoriamo anche contro alcuni stereotipi di genere. Per esempio, le bambine ed i bambini sanno che alla mensa ognuno deve lavare il proprio piatto. All’inizio si nota che i maschi non vogliono farlo perchè pensano che “sia una cosa da femmine”, poi cominciano a vederlo come normale e li lavano  senza problemi. 

Caras Alegres per adolescenti e adulti

Abbiamo anche cominciato a lavorare anche con adolescenti (a partire dai 12 anni) e adulti. Difatti, si è  da poco inaugurato uno spazio con computer e accesso a internet, insieme a una biblioteca comunitaria.

Nelle scuole pubbliche sono previste ore di informatica, ma sono a pagamento e le famiglie, che qui vivono di agricoltura o pulizie domestiche, spesso non riescono a sostenere l’iscrizione. Il progetto era stato scritto prima del Covid, ma con le lezioni a distanza si è rivelato ancora più utile, perché chi non ha internet a casa può venire qui a seguire le lezioni da noi.

Abbiamo anche corsi di alfabetizzazione per adulti e adolescenti che non sanno né leggere né scrivere. 

L’analfabetizzazione è causata da diversi fattori. In Guatemala, l’obbligo scolastico non viene rispettato, e molti bambini abbandonano la scuola a partire dai 12 anni per andare a lavorare. Bisogna inoltre considerare la varietà linguistica presente: in totale nel Paese si parlano 24 lingue diverse: la lingua dominante è lo spagnolo, ma si parlano anche 22 lingue maya, ed altre come la lingua xinca e garifuna. Questo può creare difficoltà dato che a scuola le lezioni si tengono in spagnolo. 

Lavoriamo anche contro la violenza di genere. Abbiamo psicologi che seguono casi di violenza psicologica, economica e fisica, che quasi sempre avvengono in ambito familiare, e promuoviamo l’educazione sessuale in tutte le fasce d’età.

I lati positivi di una piccola organizzazione

Essendo una piccola organizzazione, svolgo diverse attività. Mi occupo di tutto quello che riguarda i donors, della scrittura di progetti, dei needs assessment. Si tratta di capire quali sono le necessità del momento, e cercare fondi e connessioni con altre organizzazioni locali. 

Lavorare con una piccola organizzazione mi permette di provare diverse cose, mentre in un’organizzazione più strutturata i ruoli di solito sono molto definiti e spesso questo ti impedisce di spaziare nelle mansioni o funzioni che un professionista ricopre.

Io per esempio ho cominciato il mio percorso lavorativo nella comunicazione, ma sentivo la necessità e la voglia di sperimentare altri aspetti della cooperazione. Caras Alegres mi ha dato la possibilità di farlo. Qui ho potuto lavorare a nuove mansioni gestionali ed amministrative. E poi, fermo restando il budget limitato, abbiamo possibilità di variare e di sperimentare a livello di attività ed iniziative.

Probabilmente per me la differenza principale tra una piccola organizzazione e una più grande, che magari interviene in diversi Paesi, è il contatto più diretto con i progetti e con i beneficiari, dato che la struttura di Caras Alegre si trova proprio all’interno della comunità d’intervento.

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